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NEOPLASIE DELL’UTERO: ENDOMETRIO E CERVICE  LINEE GUIDA
                                                  2018

E’ dal 1990 che il ruolo della linfadenectomia in questo gruppo di pazienti è oggetto di discussione. Da uno
studio randomizzato italiano condotto su 514 pazienti con carcinoma dell’endometrio in stadio I (venivano
esclusi gli stadi IA–IB G1 secondo la stadiazione FIGO 1998 e gli istotipi speciali) è emerso che la
linfoadenectomia non determina un vantaggio in termini di sopravvivenza libera da malattia (81.0% vs
81.7% a 5 anni, rispettivamente nel braccio con e senza e sopravvivenza globale (85.9% vs 90.0% a 5
anni)(5).
Un’ulteriore conferma di questi dati emerge dall’analisi dei risultati dello studio ASTEC, dove la
linfadenectomia pelvica, non ha dimostrato un beneficio in termini di sopravvivenza globale e intervallo di
tempo libero da malattia(4).
Il limite di questi studi è che hanno incluso una popolazione in cui il rischio di presentare metastasi
linfonodali era troppo basso per poter evidenziare un effetto positivo della linfadenectomia sulla
sopravvivenza (percentuale di positivita’ linfonodale pari al 13 e al 9% rispettivamente). Rimane, pertanto,
irrisolto il ruolo della linfadenectomia nelle pazienti ad alto rischio. Alcuni autori suggeriscono di
considerare una stadiazione chirurgica completa nelle pazienti con rischio intermedio-alto (stadio IA G3 e
IB, FIGO 2009) per identificare quelle pazienti che richiedono un trattamento adiuvante postoperatorio.
L’estensione della linfadenectomia è stata valutata in un ampio studio retrospettivo pubblicato nel 2010 che
ha confrontato la linfadenectomia pelvica vs linfadenectomia pelvica e paraortica (studio SEPAL). Dai dati
emersi, le pazienti ad alto rischio hanno beneficiato di una linfadenectomia pelvica e lomboaortica in termini
di sopravvivenza globale(12-16) (Livello di evidenza: 3).
Siamo in attesa dei risultati di altri studi randomizzati volti a valutare il ruolo della linfadenectomia al fine di
chiarire quale sia l’iter terapeutico più efficace per le pazienti ad alto rischio.
La biopsia del linfonodo sentinella ha mostrato una buona performance diagnostica e potrebbe rappresentare
un buon compromesso tra l’esecuzione di una stadiazione chirurgica completa e l’omissione di una
linfoadenectomia sistematica. In particolare, la biopsia del linfonodo sentinella sarebbe in grado di ridurre la
morbilità potenzialmente derivabile dall’esecuzione di una linfoadenectomia sistematica, e la sua ‘ultra-
stadiazione’ consentirebbe l’individuazione di micrometastasi linfonodali spesso non diagnosticate con
l’esame istologico convenzionale (anche in pazienti considerate a basso rischio sulla base del grado e della
profondità di invasione miometriale). In uno studio osservazionale multicentrico, Ballester et al. hanno
riportato per tale procedura una sensibilità dell’84% (95% CI, 62-95%) e un valore predittivo negativo del
97% (95% CI, 91-99%) in donne con carcinoma endometriale in stadio I-II (24). In particolare, nello studio di
Ballester et al., l’11% e il 15% delle pazienti rispettivamente considerate a basso e ad intermedio rischio ha
mostrato metastasi linfonodali(24), queste sarebbero state misdiagnosticate in caso di mancata
linfoadenectomia. La maggior parte degli studi pubblicati su questo argomento ha previsto l’identificazione
del linfonodo sentinella mediante iniezione cervicale del tracciante; resta da chiarire se altre modalità di
identificazione (mediante, per esempio, iniezione endometriale del tracciante per via isteroscopica o
infiltrazione del fondo uterino per via laparoscopica/laparotomica/eco-guidata) possano migliorare
l’accuratezza diagnostica di questa procedura. Tuttavia il drenaggio linfatico del corpo uterino è complesso e
questo rende questa metodica difficile da sviluppare. è da ritenersi una valida alternativa alla
linfoadenectomia sistematica nalla valutazione dello stato linfonodale ancora da ritenersi sperimentale,
nonostante gli interessanti risultati preliminari riportati da alcuni gruppi(17-19).(Livello di evidenza: 2).
Il trattamento standard del carcinoma endometriale preclude la fertilità e potrebbe essere rifiutato da giovani
donne desiderose di preservare il proprio potenziale riproduttivo. In donne giovani il carcinoma endometriale
si presenta generalmente con caratteristiche prognostiche favorevoli: istotipo endometriode, ben
differenziato, minima/assente invasione miometriale. In questi casi, considerati gli eccellenti outcomes
oncologici (riportate sopravvivenze libera da malattia a 5 e a 10 anni pari rispettivamente al 99.2% e al
98%), può essere ipotizzato un trattamento conservativo che preveda la somministrazione orale
(medrossiprogesterone o megestrolo acetato) o endouterina (spirale levonorgestrel-medicata) di un
progestinico. Il trattamento farmacologico può essere preceduto o meno da chirurgia resettoscopica. Va
sottolineato che il trattamento conservativo è da considerarsi temporaneo e finalizzato all’ottenimento della
gravidanza, questa deve essere fortemente incoraggiata a partire dal riscontro di una risposta tumorale
completa. Il trattamento chirurgico standard è raccomandato in caso di progressione di malattia, mancata
risposta tumorale completa a 12 mesi e al termine della gravidanza (Livello di evidenza: 3) (25).

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